Curiosità
Produzione artigianale marchigiana
Il successo della calzatura marchigiana si definisce nella fase del grande boom regionale degli anni 1950-1980.
L'attività calzaturiera marchigiana nasce in età medievale nelle numerose città della regione, ove le corporazioni dei calzolai hanno sempre avuto notevole peso, come attestano gli statuti cittadini e quelli delle associazioni di mestiere.
Regioni meno densamente urbanizzate hanno ugualmente prodotto calzature, ma non con l'intensità delle città marchigiane, isole di cultura artigiana nel gran mare delle campagne condotto a mezzadria con insediamento colonico nei poderi.
Lo sviluppo dell'industria calzaturiera marchigiana
Uno dei tanti elementi che contrinuì in passato al fiorire dell'industria calzaturiera marchigiana è stato il fatto che marche furono il grande centro di importazione del cuoio dalla Grecia, dalla Sclavonia, dall'Albania e dalla Bulgaria.
Le fonti archivistiche dell'Ottocento individuano il concretarsi della produzione di scarpe nell'area propriamente picena, ove si producono "chiochiere" e "pianelle" monoforme, vendute dagli stessi produttori a Roma, in Toscana, nei Balcani e altrove.
All'alba del Novecento nascono nel Fermano e nel Maceratese i primi calzaturifici industrialmente organizzati e si passa così dalla produzione domestica e dalla energia manuale al lavoro accentrato sostenuto dalla forza idrica e poi elettrica.
Le due guerre non consentono alla neonata industria, appena uscita dalla manifattura artigiana e non ancora entrata nel pieno regime di fabbrica, di salire subito ai vertici del mercato, ma il grande slancio della ricostruzione post-bellica, l'alta produttività delle maestranze di origine rurale, la particolare qualificazione dei maestri e il coraggio degli imprenditori danno le ali al settore della calzatura, invadendo il mercato con prodotti di alta qualità, stile, eleganza e buon prezzo.
La cartina a sinistra mostra l'evoluzione e la dislocazione delle industrie calzaturiere marchigiane negli ultimi decenni.
Santi CRISPINO e CRISPINIANO protettori dei calzolai
Il centro della devozione e della leggenda dei due Santi è in Francia, a Soissons. Crispino e Crispiniano erano due fratelli, che i nomi dipingono come "crespi", cioè ricciuti. Venivano da Roma e predicavano la fede cristiana. Erano di nobile stirpe, ma per vivere, in terra di missione, i due servitori di Cristo dovettero scegliersi un mestiere. Perciò, umilmente, si misero a fare i calzolai, lavorando giorno e notte per riparare scarpe e risuolare anime.
Non si sa come sia nato nella leggenda questo particolare del mestiere dei due Santi. Ma qualunque sia l'origine, bisogna ammettere che è un particolare estremamente pittoresco. Par di vederli, i due fratelli cristiani, nella botteguccia ingombra, a sera, sotto la lucerna fumosa, che tirano lo spago impeciato, ribattono i chiodi nelle suole e lavorano di lesina e di trincetto.
Dall'operosa bottega dei due calzolai, la parola della verità si diffonde tra la popolazione di Soissons.
Ma la vita di Crispino e Crispiniano viene troncata da due colpi di spada, nella persecuzione di Riziovaro, sotto Diocleziano Imperatore. Saranno le loro reliquie a ncevere secolari onori, trasportate a Parigi e poste addirittura in Notre-Dame, dove i cordonniers della capitale celebrano i loro Santi protettori due volte all'anno, il 25 ottobre e il 27 marzo. Secondo i critici però, se qualcosa giunse da Roma a Soissons, non furono Santi in carne ed ossa ma solo reliquie. Il resto è fantasia, compreso il nome del persecutore, Riziovaro, che ricorre spesso nelle leggende dei Martiri francesi.
Cenni storici sulla calzatura
La calzatura ha una storia che risale a migliaia di anni nel tempo, ed è stata già ai primi stadi della sua comparsa un oggetto di prestigio.
Le prime scarpe, probabilmente prodotte con fibre vegetali attorcigliate, o pelli allo stato grezzo, venivano legate al piede con stringhe e, senza dubbio, sono nate dalla necessità di realizzare una protezione del piede nei movimenti su terreni accidentati e in diverse condizioni climatiche.
Ancor oggi esistono esempi di calzature di antiche civiltà, quali l'egiziana, la cinese e la vichinga.
Nei tempi antichi, la calzatura di base che veniva impiegata, dipendeva essenzialmente dal clima. Infatti nelle zone calde la calzatura di tipo sandalo era, come continua ad essere oggi, la più popolare forma di calzatura usata. Dalla primitiva forma di calzatura il cui utilizzo iniziò migliaia di anni prima di Cristo, ci sono state continue variazioni nella forma e nelI'aspetto fino ad arrivare alle forme meravigliosamente rifinite con molte stringhe e complesse decorazioni dei periodi successivi. Il moderno mocassino deriva dalla scarpa originale che era stata adottata nei climi freddi da differenti razze, quali per esempio gli Indiani del Nord America, gli Eschimesi, i Lapponi e le tribù Siberiane. La giuntura che compare sulla tomaia, una caratteristica distintiva del moderno mocassino è ciò che rimane della stringa che prima serviva a unire le due parti del cuoio, la parte inferiore che veniva ripiegata ai bordi, e la parte superiore che forniva la completa protezione del piede. La stringa saliva poi a livello della caviglia dove veniva annodata per garantire l'adesione al piede.
Le calzature non sono state sempre impiegate a scopo puramente funzionale, ma spesso si sono abbandonate ai suggerimenti della moda e si è arrivati, così, a curiosi modelli molti dei quali non hanno contribuito certamente a rendere più facile la deambulazione. Le calzature appuntite e, ridicole per noi, utilizzate nel periodo medioevale, famose per la loro punta assottigliata, alla fine della loro evoluzione erano divenute talmente lunghe e sottili che resero difficili i movimenti. Nella evoluzione successiva, la calzatura piatta a becco d'anatra, del sedicesimo e del diciassettesimo secolo, era realizzata così larga e piatta che creava dei seri problemi di movimento. Non è stato solamente nel periodo medioevale, comunque, che si sono venute a creare mode che hanno portato alla realizzazione di calzature di difficile utilizzo e ai nostri occhi comiche.
Verso l'undicesimo secolo, compaiono stivaletti di cuoio per uso generale, che coprono il piede e s'innalzano un paio di pollici sopra il livello della caviglia. Essi vengono a costituire una piccola modifica alle calzature fino ad allora conosciute. Gli stivali, di lunghezza variabile, venivano pure utilizzati, ma non furono di uso generalizzato prima del sedicesimo secolo. In ogni caso erano completamente senza tacchi. I veri stivali lunghi, portati da supporto e protezione di gamba e caviglia, divennero di generale uso verso la metà del diciassettesimo secolo. Da questo periodo inoltre i comandanti delle truppe cominciarono a rivolgere maggiore attenzione ai piedi dei loro soldati e possiamo con certezza segnare in questa epoca la data d'inizio della calzatura militare moderna.
E' importante che trovi conferma il fatto che prima del 1600 non c'era probabilmente alcun tipo di vero tacco in uso. Nel corso degli anni 1590-1600 alcuni piccoli tacchi di legno o di sughero cominciarono ad essere prodotti. Prima di questo periodo gli spezzoni di sughero, a forma di piano inclinato, o di fogli di cuoio, erano stati provati come tacco, però ebbero un successo molto limitato poichè creavano delle difficoltà di movimento. Quando il vero tacco, come a noi noto, comparve, le altre forme immediatamente scomparirono. La tecnica del tacco infatti si è sviluppata continuamente fino a raggiungere risultati apprezzabili in termini di sufficiente elevazione del tallone dal terreno e favorendo il movimento del piede al punto tale che tutti gli altri tentativi di calzature senza tacco sono stati praticamente eliminati. La tecnica di costruzione dei tacchi ha portato a realizzare tecniche di fissaggio dei medesimi alla suola, utilizzando chiodature in legno o in metallo su suole divenute necessariamente più robuste come indispensabile per sopportare l'azione del piede elevato dai tacchi.
Questo sviluppo tecnico portò tuttavia problemi in relazione all'appaiamento delle calzature, poichè, mentre le calzature prodotte prima del XVII secolo, distinguevano la destra dalla sinistra già dai tempi dei Romani, dagli inizi del diciassettesimo secolo fino al 1820 circa, divenne abitudine produrre scarpe lineari intercambiabili (non destra e sinistra) da essere portate su qualsiasi piede. Lo sviluppo dei tacchi alti ha creato la necessità di realizzare scarpe e stivali dai fondi più robusti e con una più precisa forma e migliore stabilità di quanto realizzato fino ad allora.
Fino agli albori del XVII secolo non c'erano delle grosse differenze nello stile e nella tipologia della calzatura da uomo nei confronti delle calzature da donna, nonostante che verso quel periodo quest'ultima cominciasse ad essere oggetto di studi attenti e venisse realizzata con maggiore cura stilistica. La scarpa destra e sinistra costituivano l'immagine speculare l'una dell'altra. Lo sviluppo del tacco creò degli enormi problemi nella produzione delle forme in legno che dovevano essere così accurate da garantire sufficiente robustezza alla calzatura in modo che vi si potesse fissare solidamente il tacco. Forme lineari non modellate erano chiaramente più facili da realizzare e rimasero in effetti di uso generale fino agli anni venti, quando nuovi sistemi di fresatura risolsero molti problemi legati alla realizzazione pratica delle forme.
Alcune calzature da donna tuttavia hanno continuato ad essere prodotte in forma lineare fino al 1850 circa, sostanzialmente, con due sole misure di larghezza, quella assottigliata, che, veniva realizzata usando la forma tal quale mentre la forma larga veniva realizzata sovrapponendo una tomaia preformata attorno alla forma e rimuovendola solo alla fine dell'assemblamento della calzatura.